L'Archivio del gusto dei Borbone
Un omaggio ai Borbone ed al regno che fu nella gastronomia dell’epoca. Nasce sotto questi auspici a Napoli, capitale del Regno delle due Sicilie, l’Archivio Storico. Un ristorante situato di fronte la Funicolare che da Montesanto porta al Museo e al Castello di San Martino, arredato con ritratti ad olio, manifesti e gigli d’oro borbonici nelle cinque sale dedicate ai cinque re Borbone delle due Sicilie: Carlo, Ferdinando, Francesco I, Ferdinando II e Francesco II con le rispettive regione. Un vero e proprio archivio dell’epoca e, naturalmente, un archivio dei piatti che si degustavano, seppure rivisitati dall’executive chef Roberto Lepre. Lo spiega Luca Iannuzzi, patron dell’Archivio, imprenditore che ha deciso di investire nella rinascita della cultura borbonica, prima con la realizzazione di questo premium bar e poi nella sua recente evoluzione in ristorante. “Veicolare questo genere di cultura attraverso il cibo è l’obiettivo che anima l’Archivio Storico dal 2013, anno della sua nascita. Napoli aveva bisogno di una location d’eccellenza, di prestigio, ma alla portata da tutti, un posto che facesse sentire importante chi vi entra”. L'atmosfera è quella da club tipica dei locali esclusivi delle capitali europee, la cucina tradizionale ma rivisitata in chiave contemporanea. Gli ingredienti utilizzati dai monzù sono prodotti naturali. Completamente banditi i semilavorati. Questi alcuni dei piatti proposti. Gli “uermiculi aglio e uoglie” (ovvero gli “spaghetti aglio e olio), la cui ricetta fu descritta nel trattato “Cucina Teorico Pratica” di Ippolito Cavalcanti (1837), appellati anche come “Vermicelli alla Borbonica” perché furono il piatto d’eccellenza per l’utilizzo della forchetta a quattro rebbi inventata dal ciambellano di Ferdinando IV di Borbone per raccogliere e gustare la pasta “aglio e uoglie”, sono reinterpretati da Lepre come “Spaghetti aglio, olio e peperoncino, battuto di dentice al limone e clorofilla di prezzemolo a velo”. Ancora, i Polipetti alla Luciana, un piatto di origini antichissime, così chiamato perché una volta i polpi erano pescati dai pescatori del Borgo Marinari di Santa Lucia e cucinati seguendo un procedimento molto particolare (ovvero venivano tagliati a pezzi grossolani e cotti lentamente nel loro liquido in una casseruola di terracotta, senza mai aggiungere acqua né aprire il coperchio), nel menù dell’Archivio si trasformano in “Moscardini alla Luciana, cracker croccante del suo nero su spuma di ceci di Cicerale”. Tra le proposte del ristorante non potevano ovviamente mancare altri piatti cult della cucina napoletana, come la parmigiana, la genovese, il sartù, il soffritto… E, dulcis in fundo, il babà, protagonista indiscusso della pasticceria napoletana, arricchito con crema alla vaniglia bourbon e amarena che prende il nome di “Lazzarone” (così come veniva appellato il re Ferdinando IV).